Carbonara Day: quella degli Osti Slow Food fa bene

Carbonara Day: quella degli Osti Slow Food fa bene
Il 6 aprile si celebra il Carbonara Day – promosso dai pastai di Union food e da Ipo (International Pasta Organization) con il sito We Love Pasta che nel 2019 ha coinvolto oltre 500 milioni di persone che hanno partecipato sui social network con le loro carbonare. Pensiamo di sapere tutto sulla carbonara e molti la ritengono un piatto antichissimo e invece la sua ricetta non si trova in alcun ricettario prima del 1952. Oggi simbolo di Roma, nonché ricetta amata in tutto il mondo, ha una storia poco chiara con una ricetta che sembra avere natali molto diversi da quelli che potremmo immaginare.

Si narra che i soldati americani, durante la Seconda Guerra Mondiale, assaggiarono la pasta “cacio e ova” abruzzese preparata dai carbonai (carbonari in romanesco) nel territorio dell’Aquilano. Così si spiegherebbe anche la denominazione del piatto, etimologia e la genesi. L’aggiunta del guanciale sarebbe poi stata successiva e naturale, per la zona in cui la ricetta sarebbe stata ideata e realizzata. Mentre l’introduzione della pancetta affumicata, alleata e antagonista dell’agognato guanciale, sarebbe stata opera dei soldati americani. Altra versione è quella della genesi napoletana: il periodo è sempre lo stesso, siamo nel 1944. Le truppe americane amavano il “cibo da strada” napoletano e siccome possiamo utilizzare ancora parole inglesi, lo definiremo un primordiale napoletan’s street food. Nato a Napoli e presente già nei racconti di dello scrittore Johann Wolfgang von Goethe, vedeva la tipica pizza a portafoglio o degli spaghetti cotti velocemente e conditi con cacio e pepe che venivano serviti su delle bancarelle di fortuna poste dinanzi ai bassi, tipiche abitazioni napoletane fronte strada. Sembra che un giorno, un soldato americano, trovando insignificante quel piatto di spaghetti, ci aggiunse la cosiddetta “razione K”, messa a punto proprio da Ancel Keys biologo americano ideatore del concetto di Dieta Mediterranea! Buffo vero? La “razione k” era composta da uova in polvere, pancetta e panna liquida. Una ricetta che oggi fa rabbrividire, ma che potrebbe essere proprio l’antenata della nostra amata Carbonara!
Da quella ricetta poco equilibrata e poco italiana, figuriamoci partenopea, i napoletani lavorarono sugli ingredienti e nacque la carbonara. Presto la ricetta si diffuse a Roma che la fece sua, rendendola un mito. La carbonara, quindi, è un piatto dalle origini interraziali, figlia della povertà del secondo dopoguerra e dell’inventiva di chi alla fame cercava una soluzione a prescindere dall’estrazione sociale e dalla nazionalità. È il piatto dell’inclusione che rispecchia la coesione di più identità per dare vita ad un unicum buonissimo, succulento e identitario sì, ma di una società multiculturale.

È la comunione dei sapori, la metafora della convivialità.

Nel corso degli anni, adottata dai romani, la carbonara è diventata il cibo di tuttx e per tuttx. Famosa in tutto il mondo, riconduce immediatamente l’immaginario collettivo all’Italia e soprattutto a Roma. E proprio nel giorno della sua celebrazione gli Ostissimi – molti dei quali aderenti alla rete Slow Food – hanno scelto la Carbonara per fare del bene. Nella giornata del 6 aprile doneranno la metà del ricavato proveniente dalla vendita delle Carbonare alla Fondazione Bambino Gesù Onlus per la realizzazione del Centro Cure palliative pediatriche dell’Ospedale Pediatrico. Il centro è dedicato all’accoglienza e alla cura di bambini e adolescenti con malattie rare, inguaribili, ad alta complessità assistenziale e garantisce la presa in carico del paziente e di tutto il nucleo familiare.

Un’occasione per restituire alla vera natura di questo piatto la possibilità di esprimersi. 
Un mondo buono, pulito e giusto per Tutti è possibile!

Buon Carbonara Day

di Stefanina Sgambati

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