La pesca sostenibile locale per nutrirsi proteggendo gli ecosistemi marini

La pesca sostenibile locale per nutrirsi proteggendo gli ecosistemi marini

La pesca rappresenta, da sempre, una pratica tradizionale e culturale del Mediterraneo e gli stock ittici sono una fonte di proteine per milioni di persone. In media, un europeo consuma più di 23 chili di prodotti ittici all’anno. Il consumo italiano, pari a circa 30 chili per persona all’anno, supera di gran lunga la media europea, secondo i dati di Marine Stewardship Council. Non sorprende quindi che la pesca sia una parte essenziale del tessuto economico e sociale italiano, dato che l’80% della penisola confina con il mare. Un tema che abbiamo affrontato al MAXXI, presentando l’ultimo lavoro di Francesco De Augustinis, “Until the End of the World”, che presenteremo a breve anche a Ostia.

La pesca industriale sfrutta le risorse ittiche fino all’esaurimento e costituisce quindi un grave rischio per gli oceani. Oltretutto, la pesca eccessiva minaccia i piccoli pescatori artigianali che tramandano la loro pratica di generazioni in generazioni e contribuiscono alla sovranità alimentare. Per questo motivo, si è sviluppata parallelamente la pratica di pesca su piccola scala, che si propone di contrastare la pesca eccessiva e di ridurre notevolmente i suoi effetti disastrosi sull’ambiente e sugli oceani. La FAO ha tra l’altro dedicato l’anno 2022 al tema dei piccoli pescatori per porre l’accento sulla pesca locale e invertire la tendenza all’industrializzazione.

Ma cosa rende la pesca locale una pratica sostenibile? La pesca locale mira a incentivare pratiche che salvaguardino gli ecosistemi marini. È una pesca più selettiva e consapevole che contiene la pressione sugli stock ittici evitando la cattura di specie a rischio, limitando la quantità di pesce da pescare, rispettando le stagioni e utilizzando metodi e attrezzi artigianali non distruttivi (come reti da pesca, nasse, palangari di fondo e canne da pesca). L’approccio alla pesca locale non solo si concentra sull’adozione di pratiche più sostenibili da parte dei pescatori, ma svolge un ruolo chiave nel responsabilizzare i consumatori ad acquistare il pesce in modo moderato e consapevole (guardare la provenienza, non comprare specie protette o giovani). Questo obiettivo viene raggiunto garantendo una tracciabilità trasparente attraverso l’implementazione di etichette e certificazioni. La pesca sostenibile risponde a esigenze ambientali, sociali ed economiche. Questo sistema integrato va oltre la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, puntando anche sulla qualità (freschezza e rintracciabilità).

Nella pesca sostenibile, l’aspetto sociale non è privo di importanza: i piccoli produttori vengono messi al primo piano e le loro condizioni di lavoro devono essere dignitose, in termini di sicurezza e remunerazione. In questo senso, la pesca locale si iscrive nell’approccio dell’agroecologia, una delle cui dimensioni fondamentali è il coinvolgimento della comunità di piccoli pescatori artigianali, senza i quali non può esserci una vera conservazione delle risorse marine. Grazie alla pesca tradizionale su piccola scala, si sono sviluppate anche attività come il pescaturismo e l’ittiturismo, che permettono ai visitatori di scoprire le tecniche di pesca ancestrali attraverso percorsi alternativi e narrazioni delle comunità locali

La necessità di preservare le risorse ittiche, che non sono inesauribili, ha dato vita a una serie di iniziative nel bacino del Mediterraneo, tra cui il progetto BluFish nelle aree dell’Italia meridionale. Fondato dall’ONG Marine Stewardship Council, che lotta contro la pesca insostenibile diffondendo tre standard: garantire la salute delle popolazioni ittiche, minimizzare l’impatto sull’ambiente e gestire gli stock ittici in modo efficiente e prospettico. BluFish sostiene le attività dei pescatori verso la sostenibilità attraverso un approccio partecipativo. L’obiettivo principale del progetto è quello di cambiare l’atteggiamento nei confronti della pesca, proteggendo le specie attraverso la sensibilizzazione. L’iniziativa si articola in tre fasi: mappatura, pre-valutazione rispetto agli standard per identificare le aree in miglioramento, sviluppo e attuazione di un piano d’azione. I primi risultati hanno mostrato ricadute positive, come nel caso della pesca al gambero bianco di Molfetta, in Puglia, che si sta avvicinando alla certificazione grazie all’avvio di uno spazio di discussione con altri paesi coinvolti e al supporto della tecnologia “smartfishing”, che ha migliorato la gestione e la protezione dello stock ittico. 

Anche nel Lazio, è stato avviato un progetto dell’ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) e finanziato dal FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) per valutare lo stato di conservazione delle specie marine. L’iniziativa MONSIIEUR (MONitoraggio Specie Ittiche di IntEresse Unionale e Regionale) prevede il monitoraggio delle varie specie per aggiornare costantemente la Carta della Biodiversità Ittica Regionale. Nell’ambito di questo processo, si stanno svolgendo alcuni incontri di sensibilizzazione alla tutela dell’ambiente.

Attraverso Slow Fish, l’evento biennale che riunisce tutti gli attori della pesca locale sostenibile, e attraverso i Presìdi, che difendono le comunità di pescatori artigianali, Slow Food si impegna a rafforzare il ruolo di piccoli produttori e pescatori e a fare della pesca locale il modello per un futuro sostenibile.  

Tenendo conto di tutti questi aspetti etici, la pesca locale può favorire la creazione di un sistema agroalimentare sostenibile in cui il cibo non sia più considerato una semplice merce. Solo orientandosi verso questi metodi di pesca, senza mettere in pericolo gli oceani, e avendo cura di rispettare i pesci e i loro habitat, potremo garantire alle generazioni future una quantità sufficiente di pesce in mare. 

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