Perché è necessario fermare i nuovi Ogm

Perché è necessario fermare i nuovi Ogm

“L’agricoltura contadina deve lottare per affermare il proprio modello e la dignità di chi lo incarna, altrimenti vincerà la filosofia degli Ogm e dei centri commerciali.” Sono le parole di Francesco Panié e Stefano Mori che hanno indagato la situazione critica in Europa rispetto ai nuovi Ogm. Il mercato europeo è in procinto di introdurre in campo le New genomic techniques (NGT), grazie a un processo di deregolamentazione rispetto ai vecchi Ogm che rischia di cambiare il futuro dell’Europa e delle nostre vite.

In un contesto europeo sull’orlo di una svolta decisiva che avrà un enorme impatto sulla biodiversità, si discuta una nuova legge “Proposal for a new Regulation on plants produced by certain new genomic techniques”, proposta dalla Commissione Europea nel 2023 e accettata dal Parlamento Europeo nel febbraio 2024. L’unico componente del triangolo decisionale che manca all’approvazione di questa legge è il Consiglio, che finora non ha ottenuto la maggioranza necessaria. Nel frattempo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso il suo verdetto, ribadendo che gli Ngt devono reggere sotto le stesse regole dei vecchi Ogm – Direttiva 2001/18/CE – ovvero valutazione del rischio, tracciabilità ed etichettatura per garantire la massima trasparenza ai consumatori. Questo provvedimento però non ha impedito ad alcuni Paesi di adottare un atteggiamento lassista nei confronti dei nuovi Ogm. Come l’Italia, che con l’emendamento del 2023, ha autorizzato la prima sperimentazione in campo degli Ngt. 
 
Una decisione che ha implicazioni per la filiera agricola e il futuro dei contadini italiani:in Italia tra l’altro si sta già diffondendo una campagna, lanciata dalla International Seed Federation, che presenta i nuovi Ogm come una semplice “evoluzione della selezione vegetale classica” e minimizza persino i danni che potrebbero causare. 

Ma cosa sono gli Ngt, in cosa si differenziano dai vecchi Ogm e perché è necessario regolamentarli con tanta attenzione? Gli Ngt si possono dividere in due rame: genome editing ovvero il fatto di modificare i geni per “ampliare” o “ridurre” alcune funzioni delle specie e la cisgenesi che consiste nell’introdurre DNA di specie simili per inserire una componente che manca nella specie originale.

Rispetto agli Ogm di prima generazione, non c’è presenza di geni esogeni, cioè non si mescolano due regni diversi quello della tecnica e quello della natura, ma la rottura di questo divario tra natura e tecnica non significa assenza di rischi né è sinonimo di processi naturali. Mentre per anni si è cercato di sfumare questa dicotomia tra natura e tecnica, o addirittura tra natura e scienza affinché l’opinione pubblica accetti gli Ogm come parte della soluzione al problema dell’insicurezza alimentare, la narrativa si è oggi ribaltata. Si insiste sulla non presenza di geni diversi alla specie, incolpando allora i vecchi Ogm, e affermando che l’uso delle nuove biotecnologie consentirebbe di combattere i cambiamenti climatici, inserendo specie più resistenti a fenomeni estremi come quello della siccità. I sostenitori di tali affermazioni sono gli stessi che in precedenza avevano ammesso che gli Ogm erano parte integrante del contrasto alla fame nel mondo. 
 
La narrativa è cambiata nel tempo, con l’obiettivo di modificare le regole a favore dell’inserimento dei nuovi Ogm, ma lo scopo è rimasto lo stesso: trovare le soluzioni più efficaci ai fini del produttivismo e del profitto, basate sulla meccanizzazione e sulla standardizzazione dell’agricoltura. L’idea di sfamare la popolazione mondiale con gli Ogm era radicata nella mente delle persone, ma in realtà ha contribuito solo allo sviluppo di allevamenti intensivi e dell’agricoltura industrializzata senza mai risolvere i problemi d’insicurezza alimentare. In alcuni casi, gli Ogm sono stati addirittura vietati, come il Golden Rice nelle Filippine, a causa della mancanza di prove sull’innocuità di questi ibridi.

I nuovi OGM non sono infatti privi di effetti sulla salute e sull’ambiente, né di effetti collaterali che spesso non vengono studiati, o addirittura sono trascurati, mentre se ne presentano i vantaggi. Eppure, la FAO ci avvisa che la quantità di principi attivi è raddoppiata dalla loro introduzione negli anni ’90, raggiungendo 3,54 milioni di tonnellate nel 2021. Con gli Ogm, ogni forma di vita è diventata una merce e stiamo assistendo a una privatizzazione della biodiversità che sta trascinando con sé i contadini verso il collasso. La prova risiede proprio nel rischio di contaminazione dei terreni che circondano i campi di sementi Ogm. Questa contaminazione, che si verifica attraverso l’impollinazione incrociata e porta all’ibridazione delle specie, pone un problema importante, soprattutto per la filiera biologica, e non va di pari passo con la strategia Biodiversità 2030 prevista dalla Commissione Europea. Se il biologico è contaminato, perde tutti i criteri di differenza per i cui i clienti lo scelgono. 
 Ma il rischio di contaminazione comporta un altro inconveniente di natura giuridica. In caso di biocontaminazione nei campi degli agricoltori che non hanno acquistato i brevetti, i colossi del settore potranno intraprendere azioni legali se verranno trovate sostanze geneticamente modificate prive di brevetto e prodotte dai colossi stessi. È chiaro che queste indagini sugli agricoltori non sono altro che una strategia volta ad affossare gli agricoltori indipendenti, costringendoli, sulla base di minacce, a trovare un accordo con le grandi aziende, cosa che è accaduta in diverse occasioni negli Stati Uniti con la Monsanto, che già negli anni 2010 denunciava centinaia di agricoltori. Di conseguenza, i piccoli produttori spesso abbandonano i propri prodotti ed evitano così di negoziare con le aziende titolari dei brevetti e di finire potenzialmente in tribunale.

Con la logica dei brevetti e del binomio impresa-ricerca, il potere è finito nelle mani di pochi: Bayer-Monsanto, BASF, Corteva e Syngenta possiedono il 62% del mercato sementiero. Si tratta di bioprospezione ossia il fatto di esplorare biodiversità per fini di sviluppo commerciale, un concetto che ha ampiamente accelerato l’espropriazione e la perdita di conoscenze dei contadini. Luigi Pellizzoni, specialista in sociologia dell’ambiente, definisce i nuovi Ogm come il “nuovo dominio della natura”. Noi esseri umani abbiamo dimenticato di essere parte della natura e ci consideriamo superiori alle altre specie; infatti, l’ibridazione è legale solo sugli altri esseri viventi. Queste sono solo scelte dei colossi degli Ngt che vorrebbero farci credere che l’ibridazione è l’unica opzione, perché dà loro buoni rendimenti, quindi investono in questo campo tralasciamo altre alternative naturali come le varietà a impollinazione aperta.

Ad oggi, in Europa esistono strumenti giuridici per vietare l’uso degli Ogm in campo aperto e sviluppare l’agricoltura biologica, come l’ITPGRFA (International Treaty on Plant Genetic Resources for Food and Agriculture), che tutela la conservazione e l’uso sostenibile di tutte le risorse fitogenetiche e l’equa ripartizione dei benefici derivanti dal loro impiego. Molti contadini si affidano all’ITPGRFA per far valere i propri diritti e lottano per salvare i propri semi, grazie soprattutto alle case di sementi, nate in Sudamerica e diffuse in tutto il mondo, che attraverso lo scambio di esperienze e di semi rappresentano un modo per preservare la biodiversità e le comunità rurali.

Ma l’introduzione della legge cambierebbe le regole del gioco, impedendo la valutazione del rischio per la salute umana e l’ambiente, la trasparenza per i produttori e gli agricoltori, e un’etichettatura chiara per i consumatori. Per queste ragioni, la Coalizione Italia Libera da Ogm, che comprende una quarantina di organizzazioni dell’agricoltura contadina e biologica, ambientaliste, sindacali e dei consumatori, tra cui Slow Food, si batte per fermare la deregolamentazione degli Ngt. Le elezioni europee sono state l’occasione per lanciare un nuovo appello agli eurodeputati affinché si impegnino a rispettare il principio di precauzione. 
 
La lotta non si ferma qui, finché i nuovi Ogm non saranno integrati nella Direttiva 2001/18/CE c’è il rischio che in pochi anni invadano i nostri mercati.

di Roxane Escalettes

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