NON POSSIAMO FARLA CHIUDERE

NON POSSIAMO FARLA CHIUDERE

In fondo, poi, quando compare la minaccia di una fine, bisogna guardare soprattutto al cuore, perché – almeno così si dice in certi nostri ambienti – nel cuore le cose non finiscono mai.

Trovano sempre un loro posto, un angolo da ricostruire in cui dilatarsi o restringersi, a seconda delle necessità, delle scale di valori e di quel che, non di rado sorprendendoci, ci presenta la vita.

Il cuore di Slow Food non potrete che trovarlo a tavola. Sarebbe assurdo cercarlo altrove. E infatti quello di Slow Food Roma, il volto territoriale della capitale di una grande organizzazione internazionale senza fini di lucro impegnata da decenni a promuovere il diritto a un’alimentazione buona, pulita, giusta e sana per tutti, in rete sceglie di presentarsi – a chi, preoccupato, ne cerca notizie – come un gruppo di commensali di una grande tavola.

Una tavola conviviale e “sempre aperta al dialogo sui grandi temi del nostro tempo: tutela della biodiversità, contrasto alla povertà educativa, diritto a un cibo quotidiano buono, pulito e giusto per tutti, solidarietà e inclusione. Volontarie e volontari che con passione dedicano il loro tempo per garantire la giustizia ambientale e sociale alla nostra Città. Eccoci, questi siamo noi”.

Siete lettori attenti e vi state chiedendo perché abbiamo scritto, quasi en passant, “preoccupato”? La risposta è semplice, diretta quanto temibile: perché la struttura nazionale ha deciso di cessare di contribuire al sostegno della Casa di Slow Food a Roma, che così rischia seriamente di chiudere. E chiede aiuto.

Lo chiede, in primo luogo, a chi pensa che questa eventualità sarebbe triste, tremendamente triste, e soprattutto grave per le diverse comunità che in quella Casa hanno trovato ascolto appassionato e poi uno spazio vitale. Uno spazio che da otto anni produce cambiamento, solidarietà e nuove relazioni sociali. Ma Slow Food chiede aiuto anche alla città intera – a cominciare dalle sue istituzioni impegnate a promuoverne la food policy – una città di cui conosce molte delle meraviglie e anche tutte le miserie. Roma si rivela spesso ferita, afflitta da troppe patologie croniche e apparentemente insolubili, una città a tratti perfino desolante, priva di speranza, dove sembra che solo le reti locali possano ancorare a terra la voglia di cambiare, di porre rimedio, di prendersi cura e, di conseguenza, tessere cordoni di sicurezza.

Una città che ha un bisogno essenziale di case accoglienti come quella di Slow Food, anche se la difesa dell’esistenza di quel tipo di esperienze, vive perché critiche verso ogni potere, non è mai stata una priorità nel cuore delle istituzioni capitoline.

Nella Casa di Slow Food si muovono con fluidità non gerarchica i movimenti che fanno economia sociale, solidale e circolare, che lavorano per costruire sovranità alimentare e agro-ecologia, che hanno esperienze ormai storiche di commercio equo e mutualismo, che difendono il bene comune e i legami comunitari.

Lo fanno, tra le altre cose, con molte e diverse attività di formazione per i più piccoli e i più grandi. Una straordinaria ricchezza che è già un progetto di società diversa e che sa ispirare brecce consapevoli e impreviste nel modello di economia che ci domina. Avviarne la dissipazione, sradicarla dal luogo in cui ha allungato profonde radici sarebbe davvero imperdonabile, dunque non possiamo e non dobbiamo permetterlo.

La prima importante occasione per organizzare ogni resistenza possibile al pericolo che incombe è quella dell’Assemblea-Festa, intitolata significativamente Teniamola Aperta!, che comincia proprio oggi, 3 dicembre, dalle 17 in poi in via Petrarca, 3.

Qui trovate tutto il programma, ricco di ospiti e ispirato alla determinazione di continuare anche a divertirsi insieme. Insieme a tutti coloro che sono davvero convinti che i luoghi e le dimensioni locali del cambiamento vadano presidiate, anzi rafforzate, sostenute, con generosità e ascolto, ma nei fatti e non solo a parole.

Dalla Casa di Slow Food Roma, intanto ci mandano a dire: “Siamo e vogliamo restare qui, aperti e accoglienti, vogliamo stare ancora a Tavola insieme, a mangiare e bere bene e a parlare di cibo, del valore Politico del cibo, delle connessioni che il cibo ha – nei processi di produzione, trasformazione e consumo – l’ambiente, la sanità pubblica, il welfare, la cultura, il senso di appartenenza, e quindi di Cittadinanza”.

Ecco, quando viene una minacciata una fine, bisogna guardare soprattutto al cuore, il cuore di quel che sappiamo e ci piace fare, insieme.

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